Con la sentenza 6966 del 16 marzo 2025 la Cassazione ha confermato la nullità di un licenziamento in quanto manifestamente ritorsivo perche il lavoratore non era in condizione di effettuare la prestazione lavorativa dato che gli era stata assegnata un auto nella quale non riusciva a entrare per la sua corporatura,
Ecco i dettagli del caso e le decisioni delle corti
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Il lavoratore A.A., impiegato come “guardia particolare giurata” nell’ambito del CCNL Vigilanza privata, è stato licenziato dalla Spa con lettera del 31 ottobre 2019. Il provvedimento disciplinare che aveva portato al licenziamento era stato avviato per presunte mancanze – in particolare per un reiterato rifiuto di prestare la propria attività – e per una contestuale situazione di presunta insubordinazione. Tuttavia, la ricostruzione dei fatti ha evidenziato che:
La Corte d’Appello ha dichiarato la nullità del licenziamento, ritenendolo manifestamente ritorsivo. In particolare, il giudice ha evidenziato che:
Di conseguenza, la Corte d’Appello ha ordinato:
La Spa aveva proposto ricorso per Cassazione fondato su cinque motivi principali:
La Suprema Corte ha ritenuto infondate tutte le tesi sollevate:
Primo e Secondo Motivo: La valutazione delle circostanze – inclusa la condotta del lavoratore, il comportamento della società e la configurazione dei reciproci inadempimenti – è rimasta di esclusiva competenza del giudice di merito, il quale ha correttamente accertato che il lavoratore non aveva manifestato un “totale rifiuto” ingiustificato, bensì una risposta alla condotta vessatoria dell’impresa.
Terzo Motivo: La prova della natura ritorsiva del licenziamento è stata valutata in modo unitario e globale, risultando in una decisione che, seppur anche in via presuntiva, fondava il rigetto del licenziamento.
Quarto Motivo: Non sono state riscontrate irregolarità nella gestione delle spese processuali; la discrezionalità del giudice nell’ammontare delle spese rientra nei limiti previsti dalla legge.
Quinto Motivo: Questo motivo è stato dichiarato processualmente inammissibile, essendo venuto meno l’interesse ad agire a seguito di successive precisazioni fornite dalla società.
Alla luce di ciò, la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la pronuncia della Corte d’Appello di Bologna.