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FATTORI ESG ABILITANTI: VALORIZZAZIONE DEL CAPITALE UMANO E BENESSERE ORGANIZZATIVO

Fattori ESG abilitanti: valorizzazione del capitale umano e benessere organizzativo

Responsabilità sociale d'impresa: teoria economica con ricadute sulla gestione delle aziende inducendole a criterie etici e buone prassi

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La responsabilità sociale di impresa è una teoria economica che ha ricadute manageriali e organizzative sulla gestione delle aziende inducendole ad abbracciare criteri etici e buone prassi imprenditoriali.

In sostanza, possiamo chiederci: può una organizzazione aziendale fortemente orientata a politiche di etica economica e di responsabilità sociale di impresa consentire il miglioramento delle relazioni e della produttività dei lavoratori, e così facendo migliorare le performance gestionali ed economiche?

A questa domanda ha provato a rispondere in passato Domènec Melé (Emeritus Professor in the Department of Business Ethics at IESE) nel suo lavoro “Organizational Humanizing Cultures: Do They Generate Social Capital?” pubblicato nel 2003 sul Journal of Business Ethics.

L’autore nell’abstract sostiene che una cultura organizzativa può essere definita “Cultura Umanizzante Organizzativa” se presenta le seguenti caratteristiche:

  1. riconoscimento della persona nella sua dignità, diritti, unicità, socialità e capacità di crescita personale;
  2. rispetto delle persone e dei loro diritti umani;
  3. cura e servizio delle persone e del loro mondo e delle loro esigenze;
  4. gestione organizzativa che privilegia il bene comune e non gli interessi particolari.

I risultati attuali e l'esperienza positiva riscontrata da molte imprese suggeriscono che una cultura organizzativa aziendale con tali caratteristiche tende a generare fiducia e cooperazione, elementi che sono fondamentali per creare capitale sociale (che altro non è che il grado di fiducia che promuove la cooperazione e le relazioni nelle organizzazioni).

L’autore prosegue ricordando che già alla fine degli anni '70 e all'inizio degli anni '80, alcuni studiosi (Pettigrew, 1979; Peters e Waterman, 1982; Deal e Kennedy, 1982; Schein, 1985, 1990; Kilmann et al., 1985; e altri) avevano introdotto e sviluppato il concetto di “cultura organizzativa”, affermando quanto questa fosse importante per la gestione delle imprese. 

Molte sono le evidenze che una valida ed inclusiva cultura dell’organizzazione di impresa sia una determinante di buone performance lavorative. 

Miglioramenti di questo tipo sono dovuti alle buone prassi che attivano un comportamento collaborativo dei dipendenti e ai modelli decisionali condivisi, specialmente quando la cultura aziendale è “forte” (Kotter e Heskett, 1992; The Price Waterhouse Change Integration Team, 1996; Goffee e Jones, 1998). 

La sociologia studia le diverse forme di cultura, ma ciò che è rilevante, da una prospettiva etica, è che alla base di ogni cultura organizzativa c'è un ethos, o spirito caratteristico o atteggiamenti condivisi da coloro che sono coinvolti nella gestione dei processi e delle attività, che possono favorire comportamenti etici o, al contrario, scoraggiarli. 

Lo studio ricorda gli autori che hanno sottolineato come l'etica sia parte integrante della cultura organizzativa aziendale, dimostrando che questa ha un'influenza sul comportamento delle persone nelle organizzazioni (Trevino, 1990; Sethia e Von Glinow, 1985; Sims, 1992, 2000; Sims e Brinkmann, 2002; Douglas et al., 2001; tra gli altri). 

Finora la maggior parte degli studi sull'etica nelle culture organizzative si è occupata di comportamenti scorretti e ha considerato l'etica solo come un insieme di norme di condotta generalmente legate all'integrità della persona e del suo modo di agire.

In altre parole, quando si parla di cultura etica possiamo comprendervi diverse accezioni; Domènec Melé ritiene che alla base di una buona cultura organizzativa dovrebbe esserci il concetto di “Cultura Umanizzante Organizzativa” (OHC), in linea con una definizione più ampia di etica legata alla realizzazione umana. 

Una tale cultura può rendere le organizzazioni più accoglienti, favorendo la realizzazione degli individui che sono coinvolti nella gestione aziendale.

Ma lo scopo dello studio dell’autore è quello di comprendere se una OHC possa avere influenza sulla creazione di capitale sociale e sul miglioramento del capitale umano.

Intanto, nel documento si comprende meglio la definizione di cultura aziendale; l’autore cita Gordan e Ditomaso che affermano: che una cultura aziendale è “un modello di credenze e valori condivisi e stabili che si sviluppano all'interno dell'azienda nel tempo” (1992). 

Ci sono culture organizzative che possono essere chiamate umanizzanti, e che per esserlo devono in primo luogo essere adeguate agli esseri umani (il che implica trattare i collaboratori in modo corrispondente alle esigenze più evolute in tema di rispetto della condizione umana e anche di valorizzazione delle proprie competenze e capacità). 

In secondo luogo, è importante per un OHC promuovere la realizzazione umana di coloro che sono coinvolti nell’organizzazione. 

Tenendo conto di entrambi i significati, qui il concetto di Cultura Umanizzante Organizzativa indica quelle culture che sono appropriate alla condizione umana e ne favoriscono la realizzazione; cultura organizzativa e rispetto dei lavoratori che è tanto importante nelle imprese dell’economie sviluppate quanto in quelle che operano nei paesi in via di sviluppo dove spesso i diritti e le opportunità sono estremamente ridotti (soprattutto rispetto agli standard “occidentali”).

Nello studio si approfondisce anche la questione della gestione delle imprese; l’autore conferma che non vi è alcun dubbio che queste devono essere efficienti e quindi devono fare dei profitti e che per far ciò hanno bisogno di una serie di meccanismi formali di gestione tali da garantire condizioni ideali per stare sul mercato, ma possono farlo senza andare a danneggiare l’ambiente sociale ed economico in cui operano. 

Le persone che lavorano nelle aziende hanno dignità umana e diritti intrinseci e non possono essere trattate come meri strumenti di profitto né semplici risorse per prestazioni, soprattutto non in nome di una ferrea legge di mercato che condiziona ogni azione e attività alla semplice esigenza economica di conseguire maggiori utili. 

Le imprese sono formate da persone con diversi tipi di legami, interessi e obiettivi comuni, e spesso si sviluppa un senso di appartenenza all’interno dello stesso gruppo.

Le persone lavorano o vivono insieme e sono interconnesse attraverso la rete organizzativa aziendale condividendo problemi e trovando soluzioni. 

Tutto ciò è caratteristico delle comunità umane, dove si può creare un fine superiore che nel rispetto dell’efficienza economica genera un bene comune, indirizzato agli utili come anche al benessere di coloro che sono coinvolti nelle faccende della comunità (o impresa). 

Al contrario, una cultura organizzativa in cui gli individui cercano esclusivamente il proprio interesse ad ogni costo e, quindi, subordinano gli obiettivi comuni ai propri interessi, non è affatto una cultura umanizzante.

Le persone che lavorano in organizzazioni che le rendono parte dei processi e le aiutano a realizzarsi hanno certamente un maggiore coinvolgimento che le spinge, senza bisogno di assegnare stringenti obiettivi ed eseguire controlli, ad una maggiore produttività.

In generale valorizzare le persone è per le imprese una crescita anche in termini di reputazione e attrattività in sede di selezione del personale.

Valorizzare il capitale umano è essenziale per essere più competitivi. Le imprese che attraggono talenti sono più competitive.

Ricapitolando valorizzare il capitale umano ha diversi vantaggi per l’organizzazione delle imprese:

  1.  aumenta la reputazione;
  2.  la reputazione rende le imprese più attrattive in fase di selezione;
  3.  le imprese con una forte attenzione allo sviluppo e alla crescita delle persone hanno minori conflittualità interne;
  4. le imprese che hanno politiche orientate alla valorizzazione del capitale umano sono più produttive.

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1) I fattori ESG abilitanti; valorizzazione del capitale umano e benessere organizzativo

Un lavoro abbastanza recente che riguarda le imprese del settore del turismo (“Corporate social responsibility toward employees and green innovation: Exploring the link in the tourism sector - Jacob Guinot, Zina Barghouti, Inmaculada Beltrán-Martín and Ricardo Chiva – di aprile 2023) è estremamente interessante e ci ricorda che il settore del turismo è un settore ad alta intensità di risorse umane, da qui l’importanza di sapere come gestire correttamente il capitale umano per le imprese del settore. 

Gli autori notano che, nonostante l’importanza del capitale umano per la performance delle aziende turistiche, i livelli di precarietà nel settore sono molto elevati. 

I risultati di questo studio mostrano che vale la pena preoccuparsi del fattore umano sul lavoro, come strategia non solo per attrarre e trattenere talenti, ma anche per adattarsi a livello organizzativo alle nuove sfide dell’attuale contesto imprenditoriale. 

Il documento citato è utile a far avanzare la letteratura sulla gestione delle imprese, in primo luogo esplorando le relazioni positive che esistono tra la CSR (Corporate Social  Responsability) e le altre variabili legate al clima lavorativo e agli aspetti psicologici. 

In secondo luogo, lo studio affronta l’analisi della CSR dal punto di vista dei dipendenti, un approccio di ricerca che è stato poco affrontato nel campo della gestione organizzativa. 

Gli economisti concludono evidenziando che i risultati che emergono dalle loro indagini sono di grande interesse non solo per la letteratura accademica sulla gestione del turismo, ma anche per i manager in genere delle imprese che possono scoprire le pratiche di gestione delle risorse umane compatibili con la filosofia della sostenibilità organizzativa e gestionale e che possono rendere le loro aziende più competitive.

In sostanza, il rispetto dei diritti dei lavoratori e il loro coinvolgimento nei processi decisionali e organizzativi, insieme all’attenzione alle loro esigenze di crescita e di vita personale, sono condizioni indispensabili per far progredire le imprese e migliorare il contesto lavorativo rendendole più competitive. 

Non solo il rispetto delle regole, ma un atteggiamento proattivo volto a migliorare il contesto lavorativo e il benessere organizzativo. 

Questo è il futuro delle imprese da un punto di vista gestionale: il benessere aumenta la produttività e deve essere ritenuto dal top management come un fattore ESG abilitante adatto a migliorare la gestione e in ultima istanza la profittabilità. 

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