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BONIFICI DAI PARENTI E ACCERTAMENTO FISCALE: QUANDO NON COSTITUISCONO REDDITO

Bonifici dai parenti e accertamento fiscale: quando non costituiscono reddito

Le indagini finanziarie nel sistema tributario: disciplina, finalità e strumenti operativi

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La Corte tributaria regionale della Puglia conferma i limiti delle indagini finanziarie e il ruolo della prova documentale

Nel panorama degli strumenti a disposizione dell’Amministrazione finanziaria, le indagini finanziarie rappresentano uno dei mezzi più incisivi per contrastare l’evasione e l’elusione fiscale. 

Introdotte dall’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 per le imposte sui redditi e dall’art. 51 del D.P.R. n. 633/1972 in ambito IVA, esse consentono agli uffici dell’Agenzia delle Entrate di acquisire dati e informazioni relativi ai rapporti bancari e finanziari dei contribuenti.

Attraverso richieste indirizzate a banche, poste, intermediari e altri operatori finanziari, l’Amministrazione può ricostruire i flussi economici e valutare la coerenza tra le movimentazioni riscontrate e i redditi dichiarati. 

Il legislatore ha previsto, in tale ambito, una presunzione legale relativa, secondo la quale i versamenti effettuati sui conti correnti si considerano ricavi o redditi non dichiarati, salvo che il contribuente non riesca a dimostrarne l’estraneità a fatti imponibili.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito, in più occasioni, che tale presunzione può essere superata solo mediante prova analitica e documentata (tra le altre, Cass. n. 11750/2017 e n. 16440/2016). 

Anche la Circolare 32/E del 2006 dell’Agenzia delle Entrate ha ribadito che ogni operazione finanziaria sospetta deve essere giustificata in modo puntuale dal contribuente, con riferimento alla sua natura, origine e finalità.

Tuttavia, la prassi amministrativa e la giurisprudenza riconoscono che determinati flussi di denaro, come quelli provenienti da familiari stretti, possano rientrare in contesti solidaristici o affettivi, privi di rilevanza reddituale. 

In questi casi, a condizione che le operazioni siano tracciabili e giustificate, la presunzione può ritenersi superata. 

È in questo solco interpretativo che si inserisce la recente sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, che offre un’importante conferma sul tema.

1) I bonifici da parenti non sono automaticamente reddito: la Corte tributaria dà ragione al contribuente

Il caso nasce da due avvisi di accertamento emessi nei confronti di una società a ristretta base partecipativa, il cui socio unico era stato destinatario di un invito al contraddittorio. A seguito di tale invito, il contribuente aveva prodotto la documentazione contabile, evidenziando cinque operazioni di anticipo infruttifero effettuate personalmente a favore della società.

Secondo l’Ufficio, la provenienza delle somme non risultava giustificata, anche perché il socio, in base a verifiche bancarie, risultava privo di redditi. L’indagine si estendeva poi ai conti personali del contribuente, sui quali erano stati accreditati importi di varia entità, che l’Agenzia riteneva rappresentassero utili extracontabili non dichiarati, distribuiti sotto forma di redditi di capitale in capo al socio unico.

La Commissione tributaria provinciale di Bari, in primo grado, aveva accolto la tesi dell’Amministrazione. Tuttavia, in appello, la Corte di secondo grado ha completamente ribaltato la decisione, ritenendo fondate le argomentazioni del contribuente.

Secondo quanto affermato dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia nella sentenza n. 4378/2024 del 31 dicembre 2024, che ha riformato una precedente decisione sfavorevole al contribuente, non è sufficiente la sola provenienza familiare di un bonifico per farlo rientrare sistematicamente nel reddito imponibile.

A parere dei giudici, il ricorrente aveva dimostrato in modo chiaro e documentato la provenienza delle somme e la loro natura di finanziamenti personali, tracciabili, versati nei confronti della società. Le prime quattro operazioni erano direttamente riconducibili al legale rappresentante e non potevano essere in alcun modo considerate ricavi occulti. Per le restanti, era stato dimostrato documentalmente che i fondi derivavano da conti intestati alla madre e alla sorella del contribuente: la prima pensionata, la seconda dipendente pubblica, entrambe con redditi soggetti a ritenuta alla fonte.

La Corte ha riconosciuto che tali versamenti si inseriscono nel contesto solidaristico familiare, comunemente riscontrabile nel sostegno economico all’avvio di un’attività imprenditoriale. L’elemento determinante è risultato essere la tracciabilità dell’intero flusso finanziario, dalla fonte al conto societario.

A ulteriore riprova di ciò, la sentenza richiama un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui i bonifici ricevuti da familiari non assumono automaticamente rilevanza reddituale, a meno che l’Amministrazione non dimostri, in modo analitico e circostanziato, che si tratti di somme connesse ad attività imponibili. In particolare, la Cassazione, con l’ordinanza n. 11633 del 3 maggio 2021, ha ribadito che “non è sufficiente il solo dato dell’accredito bancario per presumere l’esistenza di un reddito imponibile, essendo onere dell’Amministrazione fornire elementi ulteriori che ne dimostrino la natura reddituale”.

Nello stesso solco si colloca l’ordinanza n. 397/2019, secondo la quale un versamento effettuato da un parente – nel caso specifico, il suocero del contribuente – non può essere considerato reddito se il contribuente è in grado di fornire una prova tracciabile e documentale dell’origine delle somme.

2) Conclusione

La sentenza n. 4378/2024 della Corte tributaria pugliese si inserisce nel filone giurisprudenziale che, pur riconoscendo l’efficacia delle indagini finanziarie, richiama l’Amministrazione finanziaria a un uso rigoroso e non meramente pretestuoso degli strumenti a sua disposizione. In presenza di bonifici familiari, la documentazione chiara, coerente e tracciabile resta l’elemento decisivo per superare la presunzione legale di imponibilità.

Dal punto di vista strettamente giuridico, la pronuncia in esame conferma quindi la necessità, più volte ribadita dalla Corte di Cassazione, di non trasformare le presunzioni legali in automatismi assoluti, privi di valutazione del contesto. L’elemento umano, soprattutto nei rapporti economici tra familiari, non può essere ignorato dal fisco. Un bonifico da un genitore a un figlio, o da un fratello a una sorella, non rappresenta necessariamente un trasferimento a titolo oneroso o un’indicazione di reddito occulto.

Il messaggio che emerge è chiaro: non ogni movimentazione bancaria è sintomo di evasione, e il contribuente ha il diritto di difendersi con strumenti concreti, purché fondati su elementi oggettivi e tracciabili. In questa prospettiva, la trasparenza e la precisione nella gestione dei propri rapporti economici – anche familiari – diventano strumenti essenziali non solo per evitare accertamenti, ma soprattutto per affrontarli con efficacia quando si manifestano.

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