Secondo l’articolo 843 c.c. il proprietario deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.
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1) Accesso al fondo del vicino per opere di manutenzione
La norma richiamata rappresenta un limite al diritto del vicino, compatibile con i principi di solidarietà e di funzione sociale della proprietà, sanciti dagli articoli 2 e 42 della Costituzione. Essa impone al proprietario di tollerare l'accesso e il passaggio dei vicini nel proprio fondo (che può includere qualsiasi bene immobile, anche abitativo e non necessariamente solo fondiario), purché sia riconosciuta la necessità di tale accesso per costruire o riparare un muro o altra opera del vicino o comune. Il rifiuto del proprietario a questa obbligazione reale consente di adire l'Autorità Giudiziaria, affinché emetta una pronuncia dichiarativa dell'obbligo in questione e una conseguente condanna del proprietario inadempiente a far entrare il vicino. Naturalmente, secondo l'art. 843 c.c. il rifiuto del proprietario non è lecito, purché sia riconosciuta la necessità di accedere per costruire o riparare il muro o altra opera propria del vicino o comune. Tuttavia, se nel relativo giudizio sorgono contestazioni, il giudice deve verificare l'esistenza dei presupposti che legittimano il vicino ad esercitare tale diritto di accesso, ovvero la liceità dell'opera. Ne consegue che, se il giudice arriva alla conclusione che il richiedente possa ottenere il passaggio richiesto da altre fonti, con disagi e costi almeno pari a quelli che subirebbe il proprietario del fondo che dovrebbe consentire il passaggio, deve escludersi la sussistenza del requisito della necessità.
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2) Accesso nella proprietà esclusiva del condomino
Il condominio, in base all'art. 843 c.c., comma 1, applicabile anche in ambito condominiale, può esercitare il diritto di accedere o di passare negli spazi privati dei singoli condomini - a loro volta gravati da una corrispondente obbligazione "propter rem" - se ciò sia necessario al fine di realizzare o di riparare un bene che sia comune. L'accesso ed il passaggio nella proprietà del singolo condomino sono, quindi, sempre consentiti purché l'attività di immissione nell'altrui proprietà sia essenzialmente temporanea e giustificata dall'esigenza di non poter altrimenti eseguire la riparazione del bene comune. Naturalmente l'accesso al fondo del vicino, consentito dall'art. 843 c. c., permette implicitamente che l'accesso sia accompagnato anche dal deposito di cose, operazione necessariamente strumentale alla manutenzione.
3) Condominio: l'indennità in caso di danni
Il secondo comma dell'articolo 843 c.c. prevede che, se l'accesso alla proprietà esclusiva di un condomino per eseguire lavori condominiali causa danni, è dovuta un'adeguata indennità al proprietario. A tale proposito è stato affermato che l'art. 843 c.c., delinea un'ipotesi di responsabilità da atto lecito che, sebbene prescinda dall'accertamento della colpa, esige tuttavia che il transito e l'accesso abbiano determinato un concreto pregiudizio al fondo interessato, fermo in ogni caso l'obbligo di ripristinare la situazione dei luoghi (Cass. civ., sez. II, 29/9/2020, n. 20540).
Così è stata riconosciuta un’indennità a un condomino poiché, dal complesso degli accertamenti compiuti dal c.t.u. e dalle allegazioni e deduzioni delle parti, è emerso chiaramente che il singolo partecipante al condominio ha subito un danno (Trib. Nocera Inferiore 11 giugno 2023 n. 1266). La fruibilità della superficie di sua proprietà è risultata limitata per uno spazio di entità significativa e per un periodo di tempo prolungato. Quanto alla misura del risarcimento, il c.t.u. ha quantificato il danno (€ 0,70 per metro quadro al giorno), tenendo conto della delibera del condominio relativa alla occupazione del suolo pubblico in centro, considerando i valori di mercato di suoli privati, valutando la circostanza che una diversa scelta nella soluzione da adottare per l’esecuzione dei lavori avrebbe portato a costi maggiori (tali parametri utilizzati sembrano congrui e idonei per indennizzare il condomino in relazione ai danni subiti per l’occupazione del suolo derivante dalla installazione dei ponteggi).
Seguendo questa linea di pensiero, la Cassazione ha recentemente stabilito che la perdita della possibilità di esercitare il diritto di godimento diretto di un giardino comporta il diritto a un'indennità per il fatto stesso dell'occupazione prolungata dell'intera superficie. Non è necessario fornire la prova concreta del godimento che il proprietario ne avrebbe esercitato, nemmeno mediante presunzioni o richiamando nozioni di fatto di comune esperienza. Secondo la Cassazione, la prova dell'occupazione temporanea del giardino, necessaria per l'esecuzione di lavori indispensabili sui beni condominiali, comporta il riconoscimento di un'adeguata indennità a favore dei condomini interessati.
Questo riconoscimento è legato alla preclusione, per un periodo rilevante, della facoltà di usare a proprio vantaggio un'area di proprietà esclusiva, più che a un risarcimento del danno in senso stretto (Cass., sez. II, 16/12/2024, n. 32707). Sembra consolidarsi l’opinione che configura la previsione dell’art. 843 c.c. come un’obbligazione propter rem, cui corrisponde l’obbligo di versare un’adeguata indennità al condomino, da liquidare in via equitativa ed anche in assenza di prova del danno, fermo restando l’obbligo per il medesimo di ripristinare lo stato dei luoghi ad opera finita (Trib. Firenze 14 gennaio 2025, n. 101; Cass. civ., sez. II, 27/01/2009, n. 1908).