La responsabilità da custodia è regolata dall’articolo 2051 c.c. secondo cui ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
La responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa. È importante sottolineare che detta norma non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso tra la cosa in custodia e danno, mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè di un fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità.
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1) Custodia e condominio
I principi sopra espressi si applicano anche in ambito condominiale.
Si osservi che anche il condominio è qualificabile come custode ex art. 2051 c.c.; in particolare, il condominio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché questi ultimi non rechino pregiudizio ad alcuno. Ne consegue che risponde ex art. 2051 c.c. dei danni cagionati dalle cose comuni ai condomini o ai terzi. Così, ad esempio, il tetto, svolge una funzione di copertura del fabbricato, con la conseguenza che l’obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione grava su tutti, con ripartizione delle spese secondo i rispettivi millesimi; dunque, il condominio, in persona dell’amministratore che rappresenta i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, quale custode ex art. 2051 c.c., risponde dei danni subiti dai singoli condomini o da terzi per difetto di manutenzione del tetto. Il singolo condomino può agire in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni causati dalle infiltrazioni verificatesi nella sua proprietà esclusiva per i difetti di una parte comune, con azione ex art. 2051 c.c., posto che la custodia e la manutenzione delle parti comuni spetta al condominio; pertanto il condominio può essere chiamato ad eseguire i lavori per eliminare le infiltrazioni, nonché i lavori di ripristino dello stato dei luoghi, oltre che pagamento dei beni mobili che risultino danneggiati. Allo stesso modo se un ascensore condominiale si blocca improvvisamente e provoca lesioni a una persona, il condominio potrebbe essere ritenuto responsabile per la mancata manutenzione dell’impianto. Se un appartamento viene danneggiato da un allagamento causato dalla rottura di una tubatura condominiale, il condominio, come custode dell’impianto idrico comune, potrebbe essere chiamato a risarcire i danni.
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2) Il risarcimento al condomino danneggiato da una parte comune
Quando il danno a un’unità immobiliare privata è causato da un elemento comune dell’edificio (ad esempio infiltrazioni dal tetto condominiale, guasti alle tubature comuni o cedimenti strutturali delle parti condivise), la spesa per la riparazione e l’eventuale risarcimento devono essere ripartiti tra tutti i condomini in base alle rispettive quote millesimali. Il principio si basa sul fatto che le spese condominiali devono essere suddivise tra tutti i proprietari, indipendentemente da chi subisce direttamente il danno. Il condomino danneggiato potrebbe pensare di essere esonerato dal pagamento, perché è lui a subire il danno, ma in realtà la riparazione riguarda l’intero condominio e il costo deve essere ripartito fra tutti.
Se una tubatura condominiale perde e provoca danni a un appartamento privato, la riparazione della tubatura e il risarcimento del danno sono a carico del condominio, quindi ogni condomino — incluso il proprietario dell’appartamento danneggiato — deve contribuire con la propria quota. I commi 2 e 3 dell’art. 1118 c.c. stabiliscono infatti che nessun condomino può rinunciare al proprio diritto sulle parti comuni e che nessuno può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la loro conservazione. Quindi il danneggiato contribuisce a riparare la parte comune secondo i suoi millesimi. Non solo. Il condomino danneggiato è obbligato a contribuire alle spese per il risarcimento del suo danno, proporzionalmente alla sua quota di proprietà. La Cassazione ha chiaramente affermato che il condomino che subisca, nella propria unità immobiliare, un danno derivante dall'omessa manutenzione delle parti comune, assume, quale danneggiato, la posizione di terzo avente diritto al risarcimento nei confronti del condominio, senza essere esonerato dall'obbligo - che trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni – di contribuire, a sua volta e "pro quota", alle spese necessarie per la riparazione delle parti comuni, nonché alla rifusione dei danni cagionati alla sua esclusiva proprietà (Cass. civ., sez. VI, 24/06/2021, n. 18187).