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IMPATRIATI: LE ENTRATE TORNANO SUL PERIODO MINIMO DI RESIDENZA ALL’ESTERO

Impatriati: le Entrate tornano sul periodo minimo di residenza all’estero

Chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate sugli impatriati: prassi recente

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Con Risposta a interpello n. 72/2025 le Entrate tornano a fornire chiarimenti sul periodo minimo di residenza all’estero per il lavoratore impatriato che continuano a lavorare per il medesimo soggetto giuridico o economico (il gruppo).

Leggi anche Nuovo regime impatriati: chiarimenti sul periodo minimo di residenza all’estero.        

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1) Allungamento periodo minimo di pregressa permanenza all'estero articolo 5, Dlgs 209/2023

Le Entrate tornano a fornire chiarimenti in merito all’allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all'estero di cui all’articolo 5, D.lgs. 27 dicembre 2023, n. 209, nell’ipotesi in cui il lavoratore impatriato continui a lavorare – in Italia – per il medesimo datore.

Una questione simile ma non sovrapponibile era già stata recentemente prospettata con Riposta a interpello n. 41 del 20 febbraio 2024 in tal caso la fattispecie riguardava un lavoratore dipendente, mentre nell’ipotesi prospettata nella risposta a interpello qui in commento si tratta del rientro in Italia di un lavoratore che all’estero sta prestando attività da dipendente presso la “società Alfa”, con cui peraltro aveva già lavorato prima dell’iscrizione all’AIRE.  

Tuttavia al rientro in Italia vorrebbe esercitare attività professionale autonoma (come ingegnere navale),  emettendo parcelle principalmente ma non esclusivamente intestate alla Società Alfa, specificando anche che il  contratto di collaborazione con la medesima Società Alfa non sarà vincolato da clausole di esclusività.

In tale ipotesi si chiede se possa trovare e meno applicazione l'articolo 5, del Dlgs n. 209/2023, comma 1 punto b­2 a mente del  se il lavoratore è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto (o appartenente al medesimo gruppo) prima del trasferimento all'estero, durante il trasferimento e successivamente al rientro, il requisito minimo di permanenza all'estero è di sette periodi di imposta.

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2) La soluzione prospettata dalle Entrate: tipologia di contratto e continuità lavorativa

Innanzitutto, le Entrate specificano come ai fini  della  verifica  del  periodo  minimo  di  residenza  fiscale  all'estero e per i periodi di imposta precedenti al 2023  «i cittadini italiani si considerano residenti all'estero se sono stati iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) ovvero hanno avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi» (art. 5, comma 6, Dlgs n. 209/2023).

Inoltre, il nuovo regime va applicato anche nell'ipotesi in cui il lavoratore si trasferisca in Italia per prestare l'attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore del medesimo soggetto (residente o non residente in Italia), presso il quale è stato impiegato all'estero prima del predetto trasferimento oppure in favore di un soggetto  «appartenente al suo stesso gruppo.

In tale ipotesi si ha un allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all'estero che, da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore/gruppo) presso cui era svolta l'attività lavorativa in Italia prima del trasferimento  all'estero.

Venendo al caso di specie, l’istante specifica che nella sua condizione peculiare, dopo il trasferimento in Italia, cambierebbe la tipologia di rapporto, in quanto egli andrebbe a esercitare la libera professione, mantenendo comunque un rapporto di lavoro prevalente ma non esclusivo cona la società Alfa presso cui è stato dipendente, ancora prima dell’iscrizione all’AIRE, come descritto in premessa. 

Le Entrate chiariscono al riguardo come la norma non specifichi la tipologia di rapporto contrattuale che deve intercorrere tra i soggetti; dunque, il periodo minimo di pregressa permanenza all'estero è aumentato  a sei o sette anni in tutte le ipotesi in cui il contribuente (lavoratore dipendente, assimilato  o lavoratore  autonomo) al rientro in Italia presti l'attività lavorativa  per il medesimo  soggetto (datore/gruppo) per il quale ha lavorato all'estero.

Pertanto, per il contribuente che al rientro in Italia intraprende un'attività professionale e rende le proprie  prestazioni professionali anche nei confronti del suo precedente datore di lavoro estero,  il periodo minimo di permanenza all'estero è di sei periodi d'imposta (ovvero di sette  periodi d'imposta qualora sia stato impiegato in Italia, prima del trasferimento, per lo  stesso datore di lavoro).

In applicazione dei principi su esposti, nel caso in esame, il periodo minimo di  permanenza all'estero necessario ai fini dell'applicazione del regime in commento è, dunque, di  sette periodi d'imposta, non rilevando la tipologia di contratto che lega i due soggetti ma la continuità del rapporto di lavoro.

Fonte immagine: Foto di Gordon Johnson da Pixabay
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